Carbonara al tartufo bianco.

Mi rendo conto che tra le ricette autunnali dell’anno scorso è mancato un fondamentale Principe della stagione… l’aspetto non è poi così nobile?…

… in effetti è uno di quei tipi che si apprezzano quando li conosci dentro, nei quali le sgradevoli sembianze nascondono un grande animo… anzi, per essere precisi, un grande aroma!

La dimenticanza? Forse perché è stata un’annata magra con prezzi stellari… ricordo di averli apprezzati una sola volta a Roma e poi una seconda in Piemonte dove ero andato a conoscere i miei futuri (oggi non più tali) consuoceri.

Ma l’autunno, a dispetto di alcuni metereologi e di Greta, evidentemente discendenti della tanto bella quanto inascoltata Cassandra, continua ad arrivare e, con esso, anche il tartufo!

Aiace porta via Cassandra dal Tempio di di Atena dopo averla violentata.

Noi Medici valutiamo, comunque, reale la “Sindrome di Cassandra” che porta alcuni pazienti a formulare ipotesi pessimistiche convinti di non poter fare nulla per evitare che si realizzino. In effetti le tragedie previste dall’ignorata figlia di Ecuba e di Priamo si realizzarono tutte… mah!… speriamo che la fantasia omerica si sia esaurita! Intanto godiamoci autunno e tartufi.

Se ve li regalano è possibile che siano quelli neri estivi ma, se ve li procurate e non siete tirchi, è probabile che siano quelli bianchi. I tartufi di Alba sono tra i migliori ma nell’Italia centrale, in Molise ed in Calabria se ne trovano con le medesime caratteristiche organolettiche.

Quando se ne è in possesso si possono fare tante cose tranne quella di usarli a sproposito.

La ricetta sarà, in sostanza, quella della carbonara perché, come in quasi tutte, il tartufo viene sottilmente affettato, all’ultimo momento sulla pietanza destinata a celebrarlo.

Come nasce questa carbonara? Vi riporto ciò che ho scritto in “L’orecchio di elefante” a proposito dei piatti della tradizione:

“La carbonara vide la luce con “cacio e ova” che i carbonai laziali ed abruzzesi preparavano il giorno prima di andare a sorvegliare la carbonaia e che mangiavano con le mani aggiungendoci della “carbonada” che , in dialetto abruzzese, indica la pancetta abbrustolita sul carbone. Utilizzavano il pecorino perché era ciò che possedevano e non perché fosse più indicato del parmigiano … che non conoscevano”.

“Roma ladrona”, come la chiamavano i padani quando pensavano più al Feudalesimo mantovano che al Governo nazionale, non si fece scrupolo di impadronirsi della gustosa ricetta e ne nacquero le solite mille varianti.

Ognuno è, come sempre, convinto della supremazia della propria preparazione. A mio avviso va tutto bene: tipo di pasta, guanciale o pancetta, uovo intero o solo tuorli, pecorino o parmigiano, aggiunta di acqua di cottura o Prosecco o Martini bianco… la sola cosa a cui bisogna prestare attenzione è…

di non fare la frittata!

A tale proposito un po’ di chimica, di fisica ed un modesto esperimento in cucina ci possono aiutare a non sbagliare mai…

Sia l’albume che il tuorlo dell’uovo contengono, proteine in sospensione acquosa. Il calore non altera la loro sequenza aminoacidica ma distrugge i legami idrogeno modificando la loro struttura terziaria e, quindi, la conformazione spaziale.

Le proteine dell’uovo, p.es. le ovoalbumine, che subiscono questa denaturazione termica, divengono insolubili e coagulano. La temperatura alla quale inizia tale processo è di 62°C per l’albume e 65°C per il tuorlo. Ne viene che il contatto tra pasta e uovo sbattuto deve avvenite ad una temperatura non superiore a 62°C. In effetti, poiché l’uovo è a temperatura ambiente, avviene un raffreddamento rapido e 2-3 °C in più sono tollerabili.

Ma veniamo all’esperimento in cucina…

… risottiamo degli spaghettoni (poi vedremo quali e perché).

La temperatura di ebollizione dell’acqua non è esattamente 100°C a causa di qualche variabile: l’altitudine non è quella del mare ( circa 80-90 slm al Gianicolo a Roma), il tempo è bellissimo e la pressione atmosferica alta, il margine di errore del termometro…

Come si vede la nostra temperatura ideale viene raggiunta dopo 6 min dallo spegnimento della fiamma… un po’ tantini… ma proviamo a mantecare la pasta a fuoco spento muovendola anche verso l’alto…

… poco meno di 90 sec.? Ottimo! Anche se un po’ empiricamente calcolato sarà questo il tempo di sicurezza che dovremo attendere prima di tuffare la pasta nell’uovo… attenzione! Non viceversa perché la padella ha una temperatura variabile a seconda del materiale con cui è fatta ma, comunque, più alta di quella della pasta!

Dopo tutte queste chiacchiere su come non si fa la frittata, vediamo come si può fare la carbonara: potendo scegliere preferirei il guanciale che è più grasso ed aromatico. Non ci sarà necessità di olio perché sarà lui stesso a fornire il grasso necessario purché scaldato a fuoco bassissimo…

… nel frattempo potremo sbattere le uova… in questa preparazione se ne può usare anche uno ogni due persone. Il parmigiano, o pecorino se gradito, viene incorporato progressivamente come l’olio nella maionese. É, poi, la volta del pepe nero macinato…

Conviene anche aggiungere delle scaglie di tartufo anche nel preparato “carbonaro”…

Perché cuocere la pasta con il sistema della risottatura? (v.”Spaghettoni risottati al pomodoro” et al.). Poiché questo conserva tutto l’amido che libera in cottura (gli spaghettoni non vengono scolati) con formazione di una cremina che si unisce all’uovo creando un condimento soffice e accattivante.

Per questa stessa ragione non serve tanto uovo.

Quale pasta? Nel nostro paese non c’è che l’imbarazzo della scelta: Rummo, Garofalo, Cipriani, Campofilone, Setaro (questa mi è stata consigliata dalla Guardia di Finanza che era ben a conoscenza del rispetto delle norme produttive), Fabbri, De Cecco, Alce nero, Verrigni… la lista, solo delle migliori, richiederebbe ancora tanto spazio…

Per la nostra preparazione ho scelto la Benedetto Cavalieri, non tanto perché quest’anno celebra il suo centounesimo compleanno, quanto perché cede molto amido in cottura e, quindi, utile a soddisfare le nostre intenzioni.

Quale formato? Gli spaghettoni!

Perché? Poiché sono più fotogenici!

Possiamo iniziare la cottura della pasta:

Versiamo l’acqua sul grasso residuo alla “sudorazione” del guanciale che abbiamo messo da parte, portiamo rapidamente all’ebollizione, aggiungiamo poco sale e “caliamo” gli spaghettoni…

L’acqua deve essere un po’ meno di quanto pensiamo possa essere assorbita… meglio aggiungerla che trovarsela in eccesso… poiché è poca sarà bene rimestare spesso la pasta che potrebbe attaccarsi alla padella e a se stessa…

Quando sarà pronta, spegnete la fiamma, mantecate, come detto, per 90 sec. e versate la pasta con tutta la sua cremina nell’uovo, parmigiano e pepe. Mantecate ancora e quindi unite il guanciale croccante…

Per questa preparazione il guanciale deve essere poco perché deve creare contrasto ma non coprire l’aroma del tartufo

… tutto sommato consiglierei ai commensali di gustare la pasta al tartufo con il solo profumo di del lardo croccante e, ogni tanto, di scricchiolare tra i denti un bastoncino di guanciale come se fosse un intermezzo tra due atti di una prelibata commedia del palato…

Le fette di tartufo dovranno essere sottilissime… quelle spesse lo sprecano inutilmente perché non producono maggior aroma…

Buon divertimento !

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. Luigi ha detto:

    Grande piatto,
    grande Mimmo !

    Salutoni CH !
    Luigi

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  2. Mimmo Paolicelli ha detto:

    Te lo avevo detto che ti avrei fatto una carbonara… di stagione!

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  3. Daniela ha detto:

    Fatto con estrema professionalità e passione.

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  4. Daniela ha detto:

    Fatto con estrema professionalità e passione. Un abbraccio Daniela

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  5. Mimmo Paolicelli ha detto:

    Grazie… W l’autunno!

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