Le alici o acciughe sono quelle che soffrono di prognatismo al contrario delle parenti sarde che sono congenitamente affette da progenismo (v.”sformatino di acciughe e bufala”).
Ed eccole!… con la loro bella mascella sporgente… fidanzandosi con le sarde si potrebbero baciare a incastro…
Prima di iniziare la preparazione di questo piatto è imperativa una telefonata ad un contadino o, comunque, ad un amico di campagna perché il finocchietto selvatico, in città, non si trova proprio!
Perché lui? Ma poiché è un elemento francamente indispensabile per il buon risultato.
In tempi passati il finocchietto, come altre erbe selvatiche, come la cicoria, la bieta o la borragine, erano utilizzate come nutrimento in tempi di carestia.
Ben lo sapeva il collega fiorentino dott. Giovanni Targioni Tozzetti che, alla fine del settecento, nel 1767 per la precisione, publicò un testo sulle piante spontanee che potevano essere raccolte per alleviare la fame… le “Alimurgia”.
“Alimurgia”?… il termine se lo è inventato lui… sembra a partire da tre termini greci: phyton = pianta, alimos = che toglie la fame, ergon = lavoro. Come sia venuto fuori alimurgia proprio non so…
Comunque sia, oggi sono ricercate forse come allora ma, fortunatamente, non per far fronte alla carestia ma per il gusto del palato!
L’aroma un po’ “piatto” delle sarde molto ben si accorda e si esalta con quello pungente e ben definito del finocchietto selvatico.
Da quest’ultimo, per selezione ed incroci, si è ottenuto il finocchio e la sua barba può essere utilizzata in sostituzione. Oggi è anche stato domesticato e si può trovare in semi o piantine facendo attenzione a non farsi… infinocchiare!
Bene, passiamo alle alici. Personalmente ne acquisto una buona quantità perché la metà me la pappo mentre le pulisco… trovo sempre una giustificazione mentale: è un po’piccola, non si è staccata bene dalla lisca…(che rischio l’anisakis non mi viene mai in mente!). Però, così facendo, passa più rapidamente…
… la noia della pulizia!
A questo punto il gioco è quasi fatto perché si farà andare in olio evo aglio, peperoncino ed aneto…
… e si tufferanno le alici. Seguirà a breve il finocchietto selvatico perché la cottura richiederà pochi minuti…
Cosa manca?… ahahah… forse gli spaghetti! Per questa preparazione ve ne ho scelti di lunghi, grossi e buoni! Si tratta di un’altra varietà della pasta del Senatore Cappelli…
… se ne era già parlato nella ricetta “Il Senatore e la gallinella”. Come già detto in quell’articolo, fu Nazareno Strampelli, nel 1915, a selezionare la varietà di frumento presso una popolazione nordafricana in cui i Romani ne avevano diffuso la coltivazione 2000 anni or sono. Questa varietà di grano duro, la cui caratteristica è di essere geneticamente incontaminato, fù poi dedicata al Senatore Raffaele Cappelli, stimato presidente della società degli Agricoltori italiani dal 1896 al 1911, che si occupò della riforma agraria.
Ed eccoli scolati al dente nel condimento. Non serve mantecatura ma solo mescolamento con l’eventuale aggiunta di piccole quantità di acqua di cottura perché questa pasta cede poco amido ed ha, quindi, una bassa tendenza a seccare, anzi…
… possiamo mettere in campo un’abitudine tutta siciliana ed assolutamente legante, elegante e accattivante… il pangrattato!…
Componiamo il piatto?…
Beh… le alici impanate non credo che sconvolgeranno nessuno… quelle crude forse si! Però vi consiglio di provarle. Non voglio fare il fashionable che le mangia davanti agli amici di Capalbio e poi corre al bagno a sputarle ( a casa di mio nonno mangiavo sashimi negli anni ’60), ma sono veramente piacevoli e, come le ciliege,… una tira l’altra. Attenzione, però, all’Anisakis! Per non correre rischi il pesce deve essere congelato per almeno 4 giorni in un freezer di casa che arriva a -18°C (vi consiglio di porvelo pulito).
Beh… con o senza alici crude… Buon appetito!… anzi, come si dice oggi in ristoranti gourmet o pretesi tali, buona degustazione!