CAPUNET

No… i Capunet non sono i ragazzi della foto in evidenza… quelli che stanno propiziando, come ogni primo marzo, l’arrivo della primavera!

Festeggiano la cialandamarz… le “calende di marzo” in romancio… retaggio della dominazione romana della Rezia… le “calendae” erano, allora, il primo giorno di ciascun mese.

Oggi, nel Cantone dei Grigioni, i Grabünden in romancio, che occupa parte del territorio degli antichi Reti,  non si festeggia, come allora, Giunone… ma la fine dell’inverno!

Ma quei ragazzi festosi non sono Capunet anche se chiamarli con  il vezzeggiativo di “gnocchetti” sarebbe cosa graziosa… però il verde degli spinaci ce li farebbe immaginare mentre sbarcano dall’astronave che fa servizio Marte-Graubünden…

Vi ricordate la ricetta dei Capuns? (vedi…). In tutto il nord-Italia Capunet è sinonimo di Capuns… fa eccezione la Val di Poschiavo in cui, come nel confinante Cantone grigionese, è cosa distinta.

Da loro si tratta, infatti, di gnocchetti di spinaci, o di altra verdura a foglia larga tipo bieta, conditi con burro e formaggio fuso. Gli svizzeri li chiamano anche spinatspätzli che, anagrammando la teutonica abitudine ad unire le parole risulta essere la stessa cosa: spinat-spinaci/spätzli-gnocchetti

Al solito, come per tanti piatti tipici della tradizione, esistono molte ricette simili tra loro ma diverse per particolari che appaiono, ai loro proponenti, determinanti per il buon risultato.

Nella ricetta che segue ho fatto  miei gli ingredienti e le procedure che mi sono sembrati più interessanti dalle proposte di vari chef, da ciò che ho testato in loco e da quello che locali donne di casa mi hanno consigliato…

Si inizia con la bollitura in acqua salata di qualche patata e degli spinaci o altra verdura a foglia larga ben mondata dalle nervature più evidenti.

Questi, una volta scolati, devono essere ben strizzati per eliminare bene l’acqua, uniti a qualche filo di erba cipollina e passati, lungamente, al mixer per eliminare ancor meglio residui tralci fibrosi.

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Si pressano le patate ormai bollite e si uniscono alle uova spolverando noce moscata e/o altre eventuali spezie a voi care (alcuni utilizzano il pangrattato al posto della patata lessa)… la chef del rifugio d’alta quota dice di non mettere troppe patate altrimenti l’impasto viene duro come quel ghiaccio là… indicando lo spettacolo davanti ai nostri occhi… 

Capunet 13

… poi dice di non mettere troppo albume per la stessa ragione… ho avuto la sensazione che dovesse aver sofferto di qualche trauma infantile con qualcosa di duro!

I timori “hard” della giovane chef non erano, però, confermati dalle altre esperte interpellate e non ho, quindi, lesinato né in patate né in albume… si amalgama bene e si aggiunge la crema di spinaci…

… e poi la farina… beh!… farina è un termine generico… naturalmente quella del Mulino Maroggia… quella del mio amico Luigi… Non ne dobbiamo aggiungere troppa e, tra poco, capiremo perché…

 

Capunet 07.jpg

… ma… eccolo! Il mio amico che si definisce “mugnaio” tra la moglie Patrizia e Nicoletta che, per l’occasione, è distratta da qualche altra cosa…

… mentre facciamo riposare l’impasto ne prepariamo uno da pizza senza lievito, lo dividiamo in due parti, ad una aggiungiamo del ketchup ed all’altra della crema di spinaci.

Spianiamo, poi, la pasta ottenendo due dischi: uno giallo ed uno verde.

Inforniamo a 200 °C per poco tempo in modo che la pasta non si gonfi e si incurvi e, quindi, ricaviamo dei decori per il piatto finito.

Intanto, nel burro chiarificato, facciamo andare aglio, scalogno e salvia e lasciamo l’intingolo pronto a ricevere i capunet…

È giunto il momento della prova del duro… lavorando con due cucchiaini, facciamo uno gnocchetto e tuffiamolo nell’acqua bollente… se si disfa o risulta troppo morbido aggiungiamo farina fino ad ottenere la consistenza opportuna.

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Versiamo la crema di spinaci in un “sac à poche” che avremo adagiato in un cilindro come nella figura… l’accorgimento aiuterà il riempimento evitando di sporcarsi e di avere difficoltà legate all’elasticità ed alla collosità dell’impasto.

Ed ora, come spesso anche nella vita, è giunto il momento di prendere una decisione… vogliamo veramente fare i capunet?… procediamo come nel filmato e tuffiamoli nell’acqua salata…

… se ci sono svariati commensali e se ne devono produrre, di conseguenza, molti… conviene scolarli una, due volte… gettandoli nella padella con l’ intingolo sotto al quale verrà accesa la fiamma…

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… vengono mantecati con un formaggio d’alpeggio tipo Bitto, Castelmagno, Fontina valdostana e, quindi…

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… messi nel forno cosparsi di ulteriore formaggio. Il calore non deve essere eccessivo (100°C circa) perché il cacio deve fondere senza bruciare… si può anche fondere in un pentolino come una fonduta e quindi versarlo sopra i Capunet.

Comunque si proceda… eccoli in tavola…

 

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