Ieri sera, mentre cominciavo la preparazione di due degli ossobuchi ( il plurale sarebbe “ossibuchi” e “ossobuchi” è raro ma non errato… preferisco la rarità…) donatimi da Antonella, paziente che ben conosce i miei gusti in ordine allo spessore della carne (➙ v.”l’òs büs”), rimuginavo sul fatto che lei, proprietaria di macelleria, mi parlava dello stinco posteriore del vitello ed al contempo diceva di non avere mai visto un ossobuco con due ossa.
In Medicina, ma anche e soprattutto nel gergo comune, con il termine stinco ci si riferisce volgarmente alla tibia e, più generalmente, alla gamba che, pur reggendosi essenzialmente sulla tibia, ha anche il perone, dunque due ossa.
Il web non ha svelato il mistero ma il marito si: il perone del vitello è ancora cartilagineo e si vede a malapena, poi con il passare degli anni, diviene più evidente ma la bestia è troppo adulta per l’ossobuco.
Ma, come sempre accade, navigando navigando, mi sono imbattuto anche in altro…
Ebbene ho letto che l’abbinamento ossobuco/risotto alla milanese non è né recente né casuale: in tempi passati, il primo forniva, infatti, il midollo che serviva da base per il secondo… un pasto completo: amidi, proteine ad alto valore biologico e lipidi! I grassi sono tutti di origine animale? Si, è vero, ma questo piatto non è per tutti i giorni…
Ma si!… cambiamo programma e comportiamoci da veri milanesi… magari quelli di secoli addietro!
Ed allora, prima di infarinarli, ( per la ricetta ➙ v.”l’òs büs”) priviamoli del midollo che metteremo da parte per il risotto…
Ma si possono servire ossobuchi senza midollo?
Sicuramente no!
Ma se non abbiamo altro midollo come, forse, non ne avevano i Meneghini di 4-5 secoli fa?
Ai fini organolettici, dovendo scegliere, è certamente più utile nel risotto che nel nostro ossobuco che cuocerà con farina, olio, cipolla, sedano, carota, brodo di carne, aglio, prezzemolo, scorza di limone, pomodoro (dall’800) e, se non ho dimenticato qualcosa, vino!
Ma noi non ci scoraggeremo e, in accordo con gli antenati lombardi, che pur sempre discendenti dei Romani dovevano essere, riempiremo il “buco” con il risotto stesso: più coreografico e non meno gustoso.
Ed allora… Viva gli antenati !!!
Prepariamo l’òs büs con un eccesso di tutti gli ingredienti (tra poco vedremo perché) e, quando avrà ha passato l’ora di cottuta, cominciamo a lavorarci il midollo…
… che scioglieremo in altrettanto burro.
Procederemo, poi, come di consueto, facendo andare la cipolla, aggiungendo il riso precedentemente tostato, tirando con brodo di carne, incorporando, verso la fine, il mestolo di brodo in cui avevamo lasciato i pistilli di zafferano tostati per cedere aromi e colore e… il discusso parmigiano… io ne utilizzerei poco.
Tutto pronto? Allora componiamo il piatto ma non dimentichiamo la gremolada (trito di prezzemolo, aglio e scorza di limone).
Con la quantità di ingredienti usati avanza molto condimento?… ma è ciò che volevamo per il nostro piatto di domani!
Questa volta, tanto per cambiare zona, strizzeremo l’occhio a mezzogiorno ed in particolare a Torre Annunziata che ospita un pastificio che produce, non unico in Italia, delle ottime fettucce! Roba di sartoria?… no! Roba di grano duro!
Trovo che questa via di mezzo tra fettuccine e pappardelle sposi assai bene il nostro condimento…
… ed allora scoliamole prima della fine della cottura che completeremo in padella…
Mantecato bene? Volete aggiungere del parmigiano? Fate come vi pare ma andiamo…